Il modus operandi dell’artista Ralti (Raphael Tierens) è quello di resistere all’apparenza sempre più evidente della realtà, provando a rievocare il carattere enigmatico delle cose.
Il suo richiamo al passato è vivo quanto quello rivolto al futuro, infatti, questa caratteristica ibridata si sublima attraverso il connubio tra l’immaginario antico e il simbolismo moderno i quali rappresentano per l’artista un reale tentativo di attraversare il suo presente tramite uno stile surreale, etereo ed onirico per approdare poi nei i luoghi della propria anima.
Ralti si esprime non solo da un punto di vista iconografico, ma anche materico, infatti ciò che traspare non è solo il mero colore, ma l’artista pone al centro delle sue raffigurazioni lo spirito, perciò in opposizione ad un’arte puramente retinica le figure nelle opere di Ralti lievitano leggere e il colore non è solo in sè stesso e non finisce là dove gli si dà un corpo materiale, esso risponde intimamente all’anima dell’artista.
La sua tecnica stilistica si evidenzia con delle campiture tonali avvolgenti che tendono a dilatarsi senza che un orizzonte, quasi mai ben definito o che una visuale troppo prospettica, ci costringa dentro un percorso o verso una direzione immediata.
Analizzando invece l’aspetto più profondo, a livello semantico/simbolico dell’operato di Ralti, si può riscontrare una poetica stilistica e contenutistica molto specifica dove il nuce dell’opera è tracciata da sottili metodologie esecutive e da schemi visivi rivolti ad una realtà legata al sogno-mito-pensiero. Nasce così spontaneo, parlare di una tipologia di lavoro artistico mitopoetico, dove il linguaggio simbolista porterebbe al centro dell’opera non solo la forma esteriore sistemica dello schema prospettico ma il significato dei singoli oggetti/simbolo che Ralti in ogni sua opera vuole raccontare. In quegli spazi, dove il tempo rimane sospeso, la visione dello spettatore è rassicurata dalla tonalità cromatica calda che emana un senso di messaggio positivo.
Secondo l’Estetica della distanza di Marc Augè (Antropologo francese), l’individuazione del Non Luogo non è altro che quel modo di vedere da lontano, a distanza enorme, ciò in cui viviamo e ci circonda, senza più coglierne il dettaglio e la diversità. L’artista Ralti ci rimanda a questi non luoghi , ovvero in quegli spazi che hanno la prerogativa di non essere identitari , appunto dei luoghi dell’anima, dove è importante invece il contributo dato dalle architetture, dalle rovine, perché esse ci mostrano un tempo in movimento, testimoniano che ci siamo stati e ci dà la speranza che ci saremo ancora in futuro.
Dott.ssa Manuela Van, storico d’arte
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