Dalla Materia all’Anima. Le sculture metamorfiche di Damaris  Zehentmayer

Un significato latente e viscerale si cela dietro ogni piega, ogni fessura delle sculture dell’artista Damaris  Zehentmayer. Opere che rimandano a una vasta molteplicità di approcci etimologicamente significanti, nel senso che dalla loro osservazione scaturiscono tutta una serie di aperte possibilità di lettura interpretativa. Attraverso la terracotta, la ceramica, l’artista fa parlare i suoi sentimenti che riflettono l’elaborazione complessa di una visione che attinge la propria fonte di ispirazione dal mondo reale che la circonda, e che non sempre si presenta semplificata. Gli spunti presi in prestito fanno infatti riferimento al nostro presente, locale e globale insieme. C’è la natura, il senso della metamorfosi, analizzato come procedimento evolutivo in sé, l’analisi dell’uomo nel suo contesto di riferimento, legato a speranze e disagi, il tutto rielaborato attraverso un personale modus non convenzionale, che partendo dalla prima ispirazione mentale passa attraverso il gesto manuale e si plasma nella materia e nelle sue varie declinazioni. Luci, ombre, spessori, pieghe, sono i medium che permettono via via all’immagine di rivelarsi e che consentono allo spettatore di attingere all’imput visivo per rielaborare una personale visione estetica. Realizzare una scultura implica sempre un procedimento di perdita e acquisizione, di esaltazione ed oblio, ed è proprio su tali contrapposizioni che si innesta il lavoro della Zehentmayer, alla continua ricerca di spunti artistici. Così la natura e l’uomo si trovano di nuovo a confronto in una condizione parificata. Entrambi vengono colti nel loro stato biologico legato al mutamento, al normale evolversi della vita. Non v’è solo il messaggio artistico nelle sue opere quanto piuttosto un rimando antropologico – sociale che viene scandito da tematiche intenzionalmente ben delineate. Sono i delicati temi legati alla speranza, al desiderio di un futuro migliore legato al destino dislocato che oggi riguarda un’infinita varietà del genere umano; c’è la natura che si mescola e si confonde con l’individuo in una visione primordiale di poetica contaminazione. C’è la materia, densa e plastica, che conferisce all’opera una sua dimensione esistenziale a tutto tondo. C’è in definitiva, la coesistenza di tutte quelle componenti che costituiscono la nostra realtà stratificata e globale, e che ben sono sintetizzate all’interno delle sue opere che si offrono come istanti di realtà dal significato mutevole e solido insieme, grazie allo squisito binomio che l’artista sa restituire nella complessa dialettica materia – immagine.

Dott.ssa Elena Gradini, critico d’arte

From matter to the seul. The metamorphic sculptures of Damaris Zehentmayer.

A latent meaning and visceral is hiding behind every fold, every crack, of the sculptures of the artist Damaris Zehentmayer. Works that recall to an immense variety of approaches, etymologically significant, in the sense that from their observation gush all a series of opened possibility of interpretative reading. Trough the earthenware, the ceramics, the artist makes to speak her feelings reflecting the complex elaboration of a vision that draws her own source of inspiration from  the real world that surrounds it, and  which does not always is simplified. In fact, the ideas borrowed make reference to our present, local and global together. There is the nature, the sense of the metamorphosis, analyzed as an evolutionary process in itself, the analysis of the man in his  context of reference, linked to hopes and uneasiness, the all reworked through a personal unconventional modus, that starting from the first mental inspiration, it passes through the manual gesture and is plasma in the matter and its several declinations. Lights, shadows, thicknesses, folds, are the mediums that allow gradually to the image to reveal itself and which allow to the spectator to reach to the visual imput to rework a personal aesthetic vision. Realizing a sculpture implies always a procedure of loss and acquisition, of exaltation and oblivion, and it is precisely on such contrasts that is graft the work of Zehentmayer, in the continuous search for artistic cues. Thus the nature and the man are find again to confront in a parified condition. Both are caught in their biological state linked to the change, to the normal evolution of the life. There is not only the artistic message in her works but rather an anthropological-social reference that is spelt intentionally  by thematic well delineated. These are the delicate topics linked to the hope, to the desire for a better future  linked to the dislocated destiny that today concerns an infinite variety of the  human race; there is the matter, dense and plastic, which gives to the work its own existential dimension all-round. Ultimately, there is the coexistence of all those components that constitute  our stratified and global reality, and which are well synthesized within her works, which offer themselves as instants of reality of the meaning changeable and solid together, thanks to the exquisite combination that the artist knows to give back in the complex dialectic matter-image.