Percezioni antiche e affezioni moderne nelle opere di Kari Elisabeth Haug
Uno squarcio improvviso e tagliente sembra fendere le tele dell’artista Kari Elisabeth Haug con la stessa violenta passione creativa da cui il gesto genera la sostanza visiva, che ne è l’impianto stesso. All’improvviso, senza morbidi trapassi, lo spettatore percepisce su di sé tutta una serie relazioni con l’altro, immedesimandosi necessariamente col gesto fissato sul supporto materico. L’artista si ispira al doppio incontro con la sua terra d’origine – il grande Nord – e con la città di Roma, già peraltro indagata attraverso i romanzi della scrittrice norvegese Sigrid Undset. Qualcosa colpisce la mano e la mente dell’artista, che leggendo e facendo propria la trama letteraria della Undset, riporta su tela il tema romanzesco dell’Incontro. Il primo incontro è infatti il denso resoconto delle tante e differenti sensazioni di chi si trova per la prima volta ad attraversare la città Eterna, con tutte le sue impareggiabili bellezze. Un omaggio a Roma dunque ma anche un omaggio all’Incontro come evento. L’incontro alogico, quello atteso, quello disdetto o quello temuto. Il complesso di relazioni fisiche ed emotive che ad esso si legano in modo imprescindibile; le conseguenze che se ne possono addurre. Sono tutte tematiche che emergono con forza nelle opere dell’artista Haug che grazie al gesto netto e deciso riesce ad esprimere con il colore un infinito universo emozionale che lega o divide le persone, a seconda del tipo di connessioni instaurate. Pochi, in verità, sono i tratti che permettono all’occhio dell’osservatore di cogliere eventi e dettagli. Piace pensare che all’artista sia caro esprimere l’universo degli affetti attraverso un tratto pulito ed essenziale che non ha bisogno di aggiunte o di sovrabbondanze. E’ un gesto sicuro, veloce, rapido, almeno quanto è quello di chi si incontra, che velocemente entra in contatto con l’altro per riappropriarsi tuttavia, nel modo più veloce possibile, del proprio spazio e del proprio intimo vissuto. Un incontro di linee, di tratti grafici va ad impressionare la tela, ottenendo esattamente quanto atteso dall’artista; la messa in primo piano di una situazione affettiva che, come tale, si esprime attraverso pochi e veloci gesti prima di dissolversi nella trasparenza che necessariamente le situazioni emozionali richiedono.
Dott.ssa Elena Gradini, critico d’arte
Ancient perceptions and modern affections in the works of Kari Elisabeth Haug
A sudden and cutting gash seems to cleave the canvases of the artist Kari Elisabeth Haug with the same violent creative passion from which the gesture generates the visual substance, which is the plant itself. Suddenly, without soft transitions, the spectator perceives on himself a whole series of relationships with the other, necessarily identifying himself with the gesture fixed on the matter support. The artist is inspired to the double encounter with her homeland – the great North – and with the city of Rome, already investigated through the novels of the Norwegian writer Sigrid Undset. Something strikes the hand and the mind of the artist, who reading and taking over the literary plot of the Undset, shows on the canvas the novelistic topic of the “Incontro”. The first meeting is in fact the dense report of the many different feelings of who i for the first time is find to cross the Eternal City, with all its incomparable beauties. A homage to Rome therefore, but also a homage to the meeting like event. The alogical meeting, the expected, the canceled or the feared. The complex of physical and emotional relationships that to it are tied in an indispensable way; the consequences that can be alleged. These are all thematics that emerge strongly in the works of the artist Haug that thanks to the clear and decisive gesture manages to express with the color an infinite emotional universe that binds or divides people, depending of the type of connections established. Few, in truth, are the traits that allow to the eye of the observer to capture events and details. Like to think that to the artist is dear to express the universe of the affections through a clean and essential feature that does not need additions or superabundances. It is a sure, fast, quick gesture, at least as much as that of who it meets, who quickly comes into contact with the other to reapply, however, in the fastest way possible, of their own space and their lived intimate experience. An encounter of lines, of graphic features, goes to impresses the canvas, obtaining exactly what the artist expected; the foregrounding of an affective situation that, as such, expresses itself through a few quick gestures before dissolving into the transparency that necessarily the emotional situations require.
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